lunedì 7 febbraio 2011

Un vero federalismo portuale

Che il federalismo in Italia sia materia da chiacchiera da bar pedemontani più che da politica - sempre che esista ancora la politica in questo Paese - lo dimostrano le vicende che riguardano le Autorità Portuali. Si può discutere molto sulla loro efficienza e sulla loro modernità, ma almeno hanno finora un'impronta federalista, nel senso che i presidenti dovrebbero essere espressione degli Enti Locali, anche se la loro nomina formale spetta al ministro dei Trasporti. Un ulteriore passo in avanti sta nell'autonomia finanziaria, secondo il dogma leghista secondo cui i proventi fiscali devono essere spesi nel territorio dove vengono prodotti. Però - mentre sembra che il destino del Governo sia appeso ad un decreto sul federalismo - le azioni concrete in ambito portuale vanno in direzione opposta. Di autonomia finanziaria delle Autorità Portuali non si vede traccia, almeno nelle norme recentemente approvate. In compenso, l'auspica il Piano Nazionale della Logistica fin da quest'anno. Ecco una buona occasione per cominciare a metterlo in pratica fin d'ora, convincendo il ministro del Tesoro Giulio Tremonti, ritenuto vicino alle istanze federaliste, che si tratta di un provvedimento che alla fine può offrire un saldo positivo per il Paese.
Ma anche quel poco federalismo relativo alla nomina del Presidente è incrinato dai decreti sul commissariamento e dai veti ministeriali su intere terne di candidati, spesso attuati con motivazioni deboli (come ha rilevato anche Tar nella vicenda di Livorno). Il paradosso è che dove sarebbe importante un intervento a livello nazionale in termini d'indirizzo generale - come è urgente nel transhipment - si demanda la questione alle autorità locali, che magari non hanno risorse e competenze necessarie al rilancio dell'attività. Un altro esempio di mancanza di una strategia nazionale è la "guerra" che si è aperta nell'Adriatico settentrionale tra i fautori di due progetti che sono evidentemente contrapposti: il nuovo terminal container di Monfalcone ed il porto d'altura di Venezia. Alla contrapposizione tra i campanili (Venezia e Trieste), attuata dai presidenti delle rispettive Autorità Portuali, sembra che ce ne sia una all'interno della stessa compagine governativa, con il ministro (veneziano) della Pubblica Amministrazione, Renauto Brunetta, ed il presidente del veneto Luca Zaia, che appoggiano la soluzione veneziana ed il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ed il presidente della Regione Friuli Venezia-Giulia, Renzo Tondo, che sostengono il progetto Unicredit. Sarebbe il caso che giunga da Roma una chiara indicazione strategica, chiarendo magari una volta per tutte le funzioni di un nuovo megaterminal nell'Adriatico settentrionale, visto che il transhipment italiano sta perdendo volumi, mentre nel gateway non mancherà certamente nei prossimi anni disponibilità banchina container, considerando i progetti di sviluppo dei porti già esistenti. Forse è il caso d'invertire la polarità di questo "federalismo" portuale.

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