lunedì 19 luglio 2010

Ma il Cile è lontano

Lo scontro sull'applicazione dei costi minimi dell'autotrasporto sta scaldandosi con lo stesso ritmo del clima. L'accordo siglato al ministero dei Trasporti lo scorso 17 giugno ha scatenato una serie di mosse e contromosse da parte dei protagonisti della vicenda - ossia autotrasportatori, committenza e Governo - che non s'interromperà con le vacanze estive (per chi le fa). E come spasso accade in queste circostanze, il tono della polemica a volte produce note stonate in entrambi i campi. Ma quando ad eccedere è il principale quotidiano economico italiano, la stonatura appare ancora più fastidiosa.
La campagna del Sole 24 Ore contro quelle che Confindustria definisce le "tariffe minime" è attiva già da qualche settimana, con alcune interviste ed editoriali contrari e tale ipotesi. Cosa ovviamente legittima e comprensibile da parte dell'organo confindustriale. La stonatura, però, è avvenuta il 18 luglio in una nota (pubblicata anche nell'edizione online) intitolata "Quei camion con targa cilena", dove l'anonimo estensore cita le "tentazioni cilene" a proposito del fermo proclamato da Unatras. Rievocare il fermo dei camion cileni (che fiancheggiò il golpe del Generale Pinochet del 1973) quando l'autotrasporto italiano proclama un fermo non è cosa nuova. La novità è la fonte, perché finora lo spettro dell'11 settembre cileno è stato evocato da organi di stampa della sinistra e in contesti di tensione politica interna. Che a quasi quarant'anni da quegli eventi lo faccia il quotidiano della Confindustria è, appunto, una nota stonata.
Obama non è certamente in sintonia con Berlusconi, ma nessuna persona sana di mente può pensare che dietro Unatras ci siano i servizi segreti statunitensi e che al fermo dei camion possa seguire l'occupazione militare delle città. E per quanto si possa essere contrari ai costi minimi dell'autotrasporto (o tariffe minime che dir si voglia), la loro applicazione (se mai avverrà concretamente, cosa di cui è lecito dubitare dopo l'esperienza ventennale delle tariffe a forcella) non porterà certo l'economia italiana alla catastrofe, in un Paese dove i pedaggi autostradali aumentano ormai due volte l'anno.
D'altra parte, gli autotrasportatori italiani si sono fermati raramente e senza provocare colpi di stato. Forse le associazioni del settore avrebbero voluto farlo più spesso, ma non possono certo controllare oltre centomila imprese e quindi prima di arrivare al fermo vero e proprio ci pensano almeno dieci volte, come peraltro dimostra la cronaca di quest'ultimo anno. Quindi, affrontiamo i problemi della logistica italiana senza evocare generali cileni, che probabilmente in questo momento avranno ben altre temperature da affrontare nel loro inferno.

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